Mi fa sorridere la vicenda dell’ufficio stampa licenziato perché aveva reagito malamente alle stroncature su un videogame, minacciando di non amndare più giochi ad alcuni giornalisti.
Sorriso amaro, però, perché in Italia l’aria che si respira è ben diversa. La crisi della pubblicità e una tradizionale allergia per la libertà dei giornalisti rende sempre più difficile scrivere sulle aziende maggiori sponsor. Loro si sentono ormai autorizzate a tutto. Non si può nemmeno dire che una tale offerta è la più cara (dato oggettivo) e che penalizza il dato servizio perché si passa per nemici, giornalisti “con cui non si può collaborare”. E che bisogna ostacolare in tutti i modi presso le redazioni.
Le interviste stanno diventando una battaglia. I manager vogliono nei virgolettati versioni burocratiche e ripulite (ma spesso rese incomprensibili) delle parole che loro stessi hanno pronunciato, più chiaramente, durante l’intervista. Io non so quanto i colleghi del desk si rendano conto delle pressioni subite da chi lavora fuori dalle redazioni. E se in futuro si migliorerà. Ma so solo che se si peggiora il passo successivo sarà pubblicare solo quanto passato dalle aziende di cui si parla. E allora ogni vincolo di fiducia con il lettore sarà rotto.
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