La sentenza anti-Yahoo! (obbligata a togliere risultati nel motore di ricerca) si spiega facilmente. Le istituzioni e la magistratura italiane si stanno muovendo sempre più verso strumenti che possano rendere sistematica la tutela del diritto d’autore in rete.
Il problema infatti ora, dal punto di vista del copyright, è infatti soprattutto quello di far valere le leggi attuali su una moltitudine cangiante di siti e servizi che a vario titolo riescono a facilitare la pirateria.
In passato le lobby del copyright hanno combattuto per far valere il principio secondo cui anche siti come The Pirate Bay contribuiscono alla pirateria. Siti cioè che, pur non contenendo materiale pirata, aiutano gli utenti a trovarlo. Adesso l’obiettivo per l’industria del diritto d’autore è trovare un modo veloce ed efficace per spegnere i vari strumenti attraverso cui gli utenti raggiungono i file pirata. Ecco perché ormai non se la prendono più con i singoli utenti, ma con i server e i grandi uploader.
Ed ecco perché la nuova delibera (in via di definizione) dell’Autorità garante delle comunicazioni potrà fare la differenza: istituisce infatti un sistema automatico per rimuovere i collegamenti tra utente e file pirata, dopo la segnalazione degli aventi diritto. Il principio alla base rispecchia quello del Dmca americano. Cioè che diventano responsabili anche i siti contenenti solo i link a file pirata nel momento in cui sono messi al corrente della loro presenza. E’ il principio sposato- per la prima volta- anche da quel giudice nei confronti di Yahoo!. Mai lo si era adottato nel mondo in un tribunale, contro un motore di ricerca.
Io temo la deriva che si sta prendendo, andando sempre più a ritroso nella catena delle responsabilità ed estendendone sempre più il senso. Ricordiamoci che spesso il diritto d’autore ha fatto solo da batti strada verso una più ampia ridefinizione del diritto in rete. Adesso si oscurano blog per diffamazione, mentre prima è toccato a THe Pirate Bay.
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