Nei giorni scorsi ho continuato a meditare sulla vicenda, a sentire esperti. Ho reso alla fine un po’ più definita la mia opinione. L’assunto del Wall street journal e l’intuizione di Repubblica sono di fondo corrette. Sarebbe da ingenuo pensare che quanto sta avvenendo sia assolutamente scevro da qualsiasi pericolo per la rete o perlomeno sulla sua politica ed economia.
Certo, non me la sento ancora di lanciare l’allarme e nessuno può sapere che andrà in quel modo, visto che ancora non si sa che cosa intende fare Google, con esattezza. Ma ci sono diversi segnali che vanno in una stessa direzione.
Quella che vede i fornitori di contenuti/servizi, come Google, stringere rapporti sempre più stretti con gli operatori, con edge caching o altro, per migliorare la propria offerta. Lo fanno già, dite, con Akamai, con Level3 o altri? Sì, ma già sarebbe degna notizia che il fatto emerge al grande pubblico, mentre finora era solo noto agli addetti ai lavori. Ma sfugge un passaggio: non è banale che Google decida di trattare direttamente con gli operatori (invece di farlo solo con Akamai, un intermediario), cioè coloro che hanno le leve del potere sulla rete. E’ segno forse che intende fare sempre più caching in futuro. Avvicinandosi agli operatori, Google può aumentare anche le sue leve di potere sulla rete. E’ vero che anche ora chi ha più soldi va più veloce… ma il trend prosegue e accelera, la differenza tra big e non big tende ad accentuarsi man mano che i rapporti dei primi con gli operatori si rafforzano. La barriera all’ingresso per i nuovi entranti c’è già ora, ma tende a crescere oltre a una soglia tale da minacciare gli attuali equilibri della rete, la sua ormai solo ideale “apertura”.
E questo anche senza pensar male. Ma chi ci assicura che gli operatori non siano influenzati a trattare meglio i propri migliori clienti, discriminando gli altri, anche solo con un edge caching di parte o con traffic shaping? Ci sono modi sottili e subdoli per farlo, magari anche solo con la scusa della qos. Se non vogliamo credere alle favolette: qui c’è di mezzo soldi, potere sulla comunicazione. In questi casi, si è persino disposti a rischiare, a violare le regole. Ma nel caso della network neutrality non ci sono regole precise ed è difficilissimo, se non impossibile, verificare gli operatori non stiano facendo porcherie. Chi ci dice che possiamo stare tranquilli? Solo perché ce lo dice Google, che ci dice che è buono? Ah sì, ma Bruto è un uomo d’onore.
UPDATE
Vedo che anche Isenberg comincia ad avere qualche dubbio.
UPDATE2
I dubbi continuano a crescere e investono anche esperti e professori vari. Credo che sarebbe equo smettere di vomitarci addosso accuse di essere disinformatori e almeno concederci il beneficio del dubbio per un dibattito sano. Grazie.
{ 2 commenti }
Questi sono tutti discorsi molto generici: la verita’, e’ che per un certo tipo di distribuzione video (quella, ad esempio dei contenuti in diretta), la content delivery e’ un’opzione insostituibile. Quindi, se Google vuole continuare a puntare sui contenuti video, questa notizia non ha nulla di sorprendente.
Gli articoli del WSJ e di Repubblica erano tutt’altro che corretti, ne’ di fondo, ne’ in superficie: il succo di quello che dicevano era “Google ha tradito la net neutrality”. Subito dopo tutte le associazioni per la neutralita’ hanno risposto, sostanzialmente “ma non dite baggianate”: non mi pare che, anche se lei ed altri vi state impegnando a trovare potenziali argomentazioni ipotetiche per cui “forse c’e’ davvero sotto qualcosa”, questo cambi di molto la questione.
Si’, “Forse c’e’ davvero sotto qualcosa”: ma io la cosa piu’ allarmante che ho visto e’ stato il giornale di una proprieta’ in pieno conflitto di interessi che spara una panzana a livello mondiale, e viene subito seguito da una schiera di commentatori interessati a capitalizzare sull a panzana: e’ amplificazione di panzana a livello planetario, una specie di parassitismo globale dell’informazione che si nutre di nulla elevato a notizia. Impressionante, e molto inquietante.
Mi pare che Isenberg abbia detto la cosa piu’ sensata: “it’s video, not the internet”. I giornali scandalistici hanno titolato “Google vuole un’internet piu’ veloce solo per se'”, quando il senso di questa storia e’ “Google vuole poter distribuire video real time e non senza problemi”. Punto: fatevene una ragione, la realizzazione del death ray non passa per il progetto OpenEdge.
Quanto al “chi ci assicura che gli operatori ecc.ecc.”: mi pare che il succo del dibattito sulla net neutrality stia proprio nel preoccuparsi di cose di questo tipo, quindi fate bene a preoccuparvene. Il mondo e’ pieno di insidie e di trattamenti di favore o sfavore (come mostra l’accanimento ossessivo di Zambardino e Repubblica contro Google, ad esempio, chiaramente un caso di a-neutralita’), quindi e’ giustissimo vigilare anche e soprattutto in questo ambito, che e’ una frontiera della democrazia digitale.
Interessante poi che lei dica che la “notizia e’ che il fatto emerge al grande pubblico”. Quindi la notizia e’ che il WSJ si e’ inventato una notizia per fare notizia. Ci credo, che emerga al grande pubblico: la notizia non e’ stata “Google stringe accordi di caching con i provider”. La notizia e’ stata data in forme tipo
“Google tradisce la net neutrality”
“il voltafaccia di Google”
“Google vuole una internet privata piu’ veloce tutta per se'”
“l’internet a due velocita’ che vuole Google”
Un puro delirio di fantasia fatto da gente che si e’ fatta suggestionare dall’interpretazione originale, gia’ molto suggestionata, del WSJ: interpretazione bacatissima, e pluri-smentita, da Google, da Lessig, dalle associazioni per la difesa della net-neutrality, dagli osservatori della politica di Obama, etc.
Ci mancherebbe altro che qualcuno non ne avesse parlato: se domani il WSJ scrivesse “l’eccesso di acqua uccide” (cosa peraltro vera), farebbe notizia pure quello.
Ma il caching e’ tecnologia, la content delivery e’ tecnologia: non mischiate la dietrologia con il ragionamento analitico, per piacere, che’ mi fate girare le scatole.
(btw: Metitieri mi dice di ribadire che lavoro per Google, anche se la cosa e’ pubblica: detto questo, “le mie opinioni sono solo mie e non riflettono la posizione dell’azienda”. Il secondo disclaimer e’ che del progetto OpenEdge non so nulla piu’ di quello che ho letto sul WSJ e sulla replica pubblica del Google policy blog).
Mi permetto di evidenziare alcuni passaggi a me molto cari:
“…parassitismo globale dell’informazione che si nutre di nulla elevato a notizia. Impressionante, e molto inquietante.”
“…puro delirio di fantasia fatto da gente che si e’ fatta suggestionare ..”
“Ma il caching e’ tecnologia, la content delivery e’ tecnologia: non mischiate la dietrologia con il ragionamento analitico, per piacere, che’ mi fate girare le scatole.”
Sentitamente ringrazio 😀
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