Trovo su Vittorio un gustosissimo aneddoto che riguarda una pr. E’ di recente capitato anche a me, con una pr che l’esclusiva la voleva dare a Repubblica e non a Repubblica.it, senza curarsi del fatto che ormai sono due realtà integrate.
Pochi giorni fa mi chiama un ufficio stampa e mi invita a seguire una presentazione. Mi pare una cosa interessante, rispondo che andrò e ne farò un pezzo su Repubblica.it. Segue silenzio dell’addetta, un cinque-sei secondi. Avevo già capito di che si trattava, ma poi mi arriva una mail che, educatissima e gentile, mi spiega che insomma un pezzo su Repubblica.it magari lo legge pure un milione di persone ma “conta più il pezzo sul giornale di carta” (e la mia anima giornalista esulta, perché al prestigio e al nome e alla forza del giornale, che non è di carta ma è il giornale e basta, io ci tengo). Poi sono andato a quel convegno, e ho sentito un sociologo che ha dato per morto non solo il mezzo di carta, ma pure il mezzo elettronico sul quale avrei messo il pezzo. Insomma i giornali sono morti però vogliamo andarci sopra quando presentiamo qualcosa.
Che vuol dire “conta di più”? Credo che per lei significhi che fa una migliore figura (o pensa di farla) con i suoi capi. A me quella pr disse, parafrasando un motto “la carta resta, l’online no”. Anche se ovviamente alla prova dei fatti è tutto l’opposto.
Va detto però che, a dispetto della palude culturale nazionale, qualcosa si muove, per merito degli imput dati dalle multinazionali alle agenzie di comunicazioni locali. Per esempio Nokia invita molto spesso blogger ai propri eventi stampa.
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Può anche voler dire che il giornale on line non è letto dai destinatari della conferenza o della pubblicità sommersa nella medesima o da quelli che pagano l’assegno della PR.
Per me non c’è differenza tra online e carta stampata, dipende solo dall’autorevolezza della testata. C’è da dire che nell’agroalimentare c’è stato uno spiacevole proliferare di pseudo-giornali on line accompagnata da un elevato numero di blog gestiti da grafomani. Per cui, almeno nel mio settore, trovo che la carta stampata abbia ancora più valore.
Beh, però fa un po’ tenerezza questa visione ancora romantica della “bella figura” coi capi… col famoso “pezzo di carta”.
🙂
C’è anche da dire che purtroppo, per esempio nei concorsi, alcune pubblicazioni su riviste online (anche specialistiche) non valgono quanto le loro corrispondenti versioni cartacee. O insomma c’è sempre da discutere, dopo…
Lavoro in agenzia: spesso sono i clienti che definiscono griglie di valore degli articoli che vorebbero/vogliono vedere pubblicati.
C’è poi uno standard molto diffuso e adattato da agenzia ad agenzia che prevede una “valorizzazione” degli articoli e cioè una quantificazione a partire da punti di una tabella pre-definita o dal valore dello spazio corrispondente a listino pubblicitario. E’ chiaro che tutto questo non definisce il valore di un pezzo ma è un indicatore quantitativo che si aggiunge all’ analisi “qualitativa” dell’articolo e cioè se viene ripreso il messaggio che l’azienda voleva comunicare. Ecco che, nel caso di Repubblica, uno spazio pubblicitario sulla carta vale di più di uno spazio analogo su Repubblica.it. Sono gli stessi commerciali dei due media che definiscono valori pubblicitari diversi.
Detto tutto questo capisco benissimo il punto di vista del giornalista e del non addetto ai lavori. L’articolo spesso è un “servizio sociale” e quantificarlo in termini economici è come dare un prezzo all’informazione libera. Diciamo che è una convenzione utile a quantificare, per fortuna solo in parte, il lavoro di un’agenzia.
Anche io lavoro in agenzia. Condivido in pieno quello che avete detto e aggiungo una cosa. Spesso non sono tanto i “capi” o i “pr” a considerare le versioni on-line di un giornale meno importanti o meno autorevoli di quelle cartacee, quanto piuttosto i clienti.
E’ un paradosso, quando vogliamo avere delle informazioni su qualcuno o su un’azienda apriamo la pagina di Google, mica ci mettiamo a scartabellare le vecchie copie del giornale, eppure la comunicazione sul web è ancora sottovalutata dalla maggior parte delle aziende. Un articolo su Repubblica.it resterà sempre disponibile, potrà facilmente essere condiviso con un semplice passaggio di link.
Spesso è difficile farlo capire alle aziende, ma questo è il compito di noi pr.
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