E’ giornalismo minorato. Questo va detto perché so di blogger che preferiscono essere intervistati via mail e poi, alla richiesta di un’intervista telefonica, pensano “i soliti giornalisti non avvezzi alle nuove tecnologie”. Errore.
Vediamo l’abc di questo mestiere:
“L’intervista – come scrive Sergio Lepri nel suo manuale “Professione giornalista” (Etas libri, 1991) – è e deve essere un colloquio, e quindi una certa risposta può suggerire una domanda diversa da quella preparata”.
Dice inoltre Lepri: “Vero è che qualche volta è proprio l’intervistato a pretendere che il giornalista presenti domande per iscritto e per tempo […] Questo, però, non è più giornalismo, è altra cosa”.
Vedi anche Severgnini sul corriere
L’ intervista per email rimane però una novità, e una forma di resa. Occorre presentare una lista di domande; non è possibile replicare; e – ovviamente – non si ha la certezza che le risposte siano farina del sacco dell’ intervistato. Potrebbero essere state scritte dagli uffici-stampa, sempre felici di limitare i momenti creativi del capo.
Aggiungo altri motivi: di solito gli intervistati cercano di svicolare di fronte a domande sensibili, oppure non rispondono davvero alla domanda. Oppure invece di dire quello che interessa al lettore si parlano addosso, blah blah blah che dimenticano aspetti fondamentali del discorso, al solito quelli che rispondono alle cinque W. Al telefono, puoi riportarli sulla giusta strada: mi capita spesso, soprattutto con i manager, mentre è raro con esperti e analisti (con i quali l’intervista via mail spesso funziona).
Non è possibile compilare via mail domande che evitino all’intervistato di dimenticare passaggi fondamentali? Si può provare, ma sono più pessimista della Carrada: è molto difficili prevedere tutte le possibili lacune di una risposta e comunque poco si può fare contro la tendenza a svicolare dalle domande sensibili.
{ 11 commenti }
Il mio parere Alessandro e’ che in una intervista via telefono il discorso puo’ casualmente imboccare traiettorie che non si erano immaginate e che possono essere interessanti. Per il resto non vedo grandi differenze tranne quella importante che via mail e’ possibile organizzare una risposta piu’ meditata e mediamente intelligente di quella che si da al volo per telefono. E francamente non mi pare poco.
saluti
Grazie del contributo.
Dipende dai temi e dall’interlocutore. Qui parlo in particolare delle interviste ai manager. Via mail non si fa un buon servizio al lettore, ma più all’azienda. La differenza è molto grande.
Per interviste a esperti l’e-mail è più accettabile, come scrivo, ma per evitare che si perda l’autenticità e la ricchezza di un vero dialogo preferisco farle al telefono. Quando si parla a due possono emergere aspetti nuovi, insieme giungere a conclusioni interessanti, insomma è uno scambio di idee fertile. Inoltre è più difficile equivocare il senso.
Se l’intervistato vuole meditare meglio una risposta, gli do la possibilità di pensarci e di mandarmela via mail, con calma (relativa: purtroppo i tempi di consegna sono sempre a rotta di collo in questo mestiere).
Non tutti gli intervistati ne hanno bisogno (anzi, è richiesta rara). Se non ne hanno bisogno è meglio il telefono, quindi; se ne hanno bisogno è meglio telefono + mail. Se il telefono, per x motivi, non è possibile, mi accontento dell’e-mail con esperti e analisti, mentre con le aziende insisto per ottenere la telefonata
Tema assai interessante, almeno per chi fa il nostro mestiere. Intanto eviterei di definire che cos’è giornalismo e che cosa no, visto che la galassia è assai sfumata e sempre più va sfumando. Semmai parliamo di cosa è meglio e cosa peggio in termini di qualità e di rispetto per il lettore.
Ecco: io direi che, in generale, le interviste si dovrebbero fare sempre di persona, anche a costo di perderci più tempo e fatica, perché il linguaggio non verbale è una componente fondamentale del confronto nel suo complesso e perché solo di persona si creano le condizioni per un vero e approfondito botta e risposta.
Dopodiché, nel caso l’incontro fisico sia impossibile, meglio telefono o email?
Il telefono consente un’interazione maggiore, come dici tu, cioè si può replicare, il che non è irrilevante. Per contro, l ‘attenzione e l’approfondimento dell’intervistato al telefono saranno comunque minori rispetto alla parola scritta della mail (metti che l’intervistato stia guidando, o che abbia davanti una segretaria che gli fa firmare delle carte, etc…) quindi il più delle volte l’intervista telefonica resta davvero troppo superficiale. La mail ha lo svantaggio della mancata replica, ma ha non solo il vantaggio di un’attenzione e di una profondità superiori nelle risposte: c’è anche la non smentibilità da parte dell’intervistato, quel che ha scritto ha scritto, i virgolettati sono suoi.
Ricapitolando, a me l’intervista per mail non sembra inferiore, il più delle volte e generally speaking, di quella per telefono, fermo restando che entrambe sono surrogati scadenti dell’unica vera intervista, che è quella di persona.
A questo punto però porrei un’altra questione: quella per cui sarebbe necessario arrivare a un livello di correttezza professionale, noi giornalisti, in cui diciamo al lettore COME è stata fatta l’intervista che legge. Un talloncino, un boxino, un’avvertenza: questa intervista è stata realizzata via telefono il giorno tale all’ora tale. O, ancora più importante: questa intervista è stata realizzata nel tal modo, e l’intervistato ha voluto rileggere e correggere i virgolettati. Già, perché io non ho niente in contrario che l’intervistato si voglia rileggere i virgolettati, visto che sono parole messe in bocca a lui, ma non mi sta bene che il lettore non lo sappia. O no?
Io preferisco sempre farmi intervistare via email perché se lo faccio al telefono il 90% delle volte scrivono una cosa diversa da quello che ho realmente detto… Specie quando si parla di web i giornalisti capiscono roma per toma…
Sandro,
la maggiore attenzione durante le risposte non credo riguardi il mezzo usato, ma le circostanze. Se l’interlocutore ha il tempo per scrivere via mail, ha anche il tempo di fissare un giorno e un’ora dove si può ritagliare un momento per un’intervista tranquilla e non mordi e fuggi. Se poi gli serve proprio tempo per meditare una risposta a una particolare domanda, ci si può risentire in un altro momento o usare la mail. Mi rendo conto che la maggior parte delle mie interviste per settimanali o mensili utilizzano mail e telefono, a volte persino in contemporanea con uno stesso intervistato, il più delle volte si comincia in un modo e si finisce in un altro. Il telefono per approfondire un tema con un dibattito e domande serrate (spesso si giunge a conclusioni insieme mentre si parla con esperti del settore) o per consentirmi una replica (con le aziende). La mail per approfondimenti meditati e per evitare equivoci su nomi, dati eccetera. L’instant messagging potrebbe sommare i vantaggi di entrambi i mezzi, ma c’è il problema che non tutti gli interlocutori ne usano uno (ancora).
Da lettore le interviste via email si riconoscono lontano un miglio: sono quelle che già a occhio non sembrano interviste, ma una serie di domande.
Capita infatti che in una risposta il lettore intraveda un argomento interessante, ma che nella domanda successiva è del tutto ignorato: di solito è perché la domanda successiva in realtà era una domanda precedente la risposta.
Il problema della fedeltà alle risposte mi sembra un alibi più che altro.
C’è gente che non è in grado di formulare pensieri complessi in diretta e si incarta parlando: a questi per forza di cose bisogna riadattare quello che dicono.
(ovviamente non sto parlando di MCC, che non conosco)
Siamo onesti, l’intervista di persona è probabilmente la formula più adatta, ma solo in rari casi si può fare con la necessaria tranquillità (che preveda almeno uno spostamento, un appuntamento, due sedie, due bicchieri d’acqua). Alla fine nelle interviste si finisce quasi sempre al telefono o via email. E onestamente tra un’intervista via email e due parole sputate in un microfono in mezzo alla strada preferisco lo scritto con un decente post-edit.
Ma dipende da caso a caso. Il cronista parlamentare quasi sempre ha bisogno della “dichiarazione”, della frasetta ad effetto: l’email in quel caso sarebbe assurda. Nelle interviste d’approfondimento non è così. Ci vuole calma. Ci vuole precisione nei dati. Non dimenticare poi i tempi di trascrizione delle interviste lunghe, che spesso sono problematici anche nelle redazioni grandi.
In sostanza: a mio parere alla fin fine tutto dipende dal tipo di intervista, dalla bravura del giornalista a prescindere dal mezzo, e da quanti soldi/tempo la redazione può investire.
LS
anch’io non sono contro l’intervista via mail, in genere dipende dall’intervista che si deve fare. aggiungo un altro motivo a favore dell’email. a volte capita che l’intervistato non abbia 30/60 minuti continui da dedicare al giornalista: che si fa in quei casi?
p.s. dietrologo: se non conosciamo il nostro interlocutore (e spesso accade) in teoria anche via telefono non siamo sicuri di intervistare la persona che vogliamo intervistare.
io chiedo di rispondere via email a quelli che so essere in malefede (ovvero tagliano e cuciono e ti fanno passare per fesso) e a quelli che mi sembra che non abbiano ben chiara la materia. Se posso; dopo l’intervista telefonica mando un email con il concetto chiave. In ogni caso concetti brevi e riassumibili in una battuta. Tanto ormai si sa quanto spazio viene dedicato ad un commento; una, forse due righe e il rischio che emerga una cazzata è enorme.
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