Leggo a casa di Mante che la Camera dei Rappresentanti in USA sta per per varare il “Free Flow of Information Act of 2007“, che estende anche ai blogger il diritto alla riservatezza delle fonti, finora prerogativa dei giornalisti. Così non si sarà obbligati a svelare le proprie fonti di notizie scomode, se non costretti da un giudice.
Bene così, gli USA fanno da avanguardia; ma adesso, dopo i diritti, vogliamo parlare anche dei doveri? Già, tema impopolare. Ma è retaggio dei miei studi filosofici: nella ricerca, popolare e impopolare non sono categorie da tenere in considerazione.
Chiusa la divagazione.
I doveri o, se si preferisce, la deontologia da inquadrare: verifica delle fonti, obbligo ad argomentare le proprie opinioni, trasparenza, obiettività (il che siginfica anche evitare di leccare le aziende da cui si è stati invitati e spesati all’estero)… Si dirà: ma sono per primi i giornalisti a violare queste regole. Vero, ma si tratta di cattivi giornalisti. Ed è giusto metterli in croce se sbagliano, criticarli. Ma se l’editoria personale vuole differenziarsi dovrebbe cercare di prendere quello che di buono c’è in questa deontologia (senza buttare a mare il bambino con l’acqua sporca…) e riuscire dove molti colleghi falliscono: tramutarla in realtà.
Più diritti ai blogger
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“doveri” dei blogger? Ma via… sono solenni stupidaggini.
E’ tutto scritto e riassunto nella prima frase dell’art. 21 (peraltro disatteso) della Costituzione Italiana:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”
Punto. Non serve altro. Sta poi alla coscienza di ciascuno scegliere come comportarsi.
Bisogna piantarla di continuare a fare raffronti tra chi scrive per diletto e quelli che lo fanno per professione, è un confronto improponibile e direi anche vagamente demenziale 🙂
Vero, ma non è detto che le categorie di chi scrive per diletto e chi per professione si identifichino perfettamente la prima con i blogger e la seconda con i giornalisti, soprattutto tale tipo di rappresentazione è accompagnata di un sottinteso giudizio di valore.
riccardo, il discrimine che faccio io è chi scrive per mestiere e chi no. Non si può pretendere che il dilettante faccia il lavoro come o meglio del professionista. Può anche accadere, ma in linea generale è una pretesa assurda e non capisco quanti invocano un “codice di autocondotta” per i blogger e altre stupidaggini.
Accade forse che nelle discussioni al bar qualcuno s’alzi in piedi invocando codici di autocondotta, verifica delle fonti, obiettività e trasparenza? Ma via 🙂
I blog sono semplicemente un mezzo di espressione individuale anzitutto, ciascuno scrive quel che gli pare e come gli pare. Se poi qualcuno lo fa per mestiere, valgono le regole proprie di un qualsiasi buon professionista, che questi faccia l’idraulico, il falegname o il giornalista 🙂
Perché mai bisogna imporre regole ad un mezzo che per propria natura nasce libero?
Sì, ma se ciò che si scrive ha un impatto, influenza le aziende e una cerchia di anche solo qualche centinaia di lettori…non si hanno “responsabilità” (se non vi piace la parola doveri, ma è la stessa cosa) nei confronti del pubblico e delle aziende di cui si parla? Il concetto di scrittura individuale e personale, così com’era un tempo, è crollato se si scrive su un blog con mille-duemila di utenti al mese
non capisco, quindi dipende dal numero di lettori? E perché mai? La nostra responsabilità di quel che diciamo o scriviamo c’è comunque, che sia rivolto a mille persone o ad una sola. Al bar o sul blog, la responsabilità è identica.
Una volta il giornalista era una persona che lavorava per i mezzi di informazione. la discriminante fra un giornalista e un non_giornalista era che il giornalista poteva scrivere su un giornale o apparire in tv, informando chi giornalista non era di ciò che accadeva.
Oggi grazie alla rete tutti possono informare tutti, tutti possono essere giornalisti (aldilà della competenza o dell’iscrizione ad un albo). Una persona come Beppe Grillo, che non è giornalista di professione, informa centinaia di persone al giorno tramite il suo blog, spesso facendo quello che i giornalisti dovrebbero fare ma non fanno.
Prima della rete c’era un “salto” fra “fatti” e “pubblico”, un salto che era effettuato dai giornalisti e dai mezzi di informazione.
Oggi quel salto può essere effettuato da chiunque: anche io posso essere testimone di eventi e raccontarli come chiunque altro. Prima non averi avuto i mezzi per avere visibilità; oggi invece li ho.
Il giornalismo come lo conscevamo non esiste più, almeno non a livello profondo.
Al bar nessuno si preoccupa delle veridicità di quello che si dice perchè di solito si fanno “discorsi da bar”. Cosa che comunque non è del tutto vera, visto che se io vado al bar e dichiaro che Pinco Pallino se la fa con la moglie di Pallo Pinchino, mi verrebbe subito chiesto dagli interessati di dimostrarlo.
Così se io scrivo ad esempio “Prodi ha dichiarato che i cinesi vanno sterminati”… beh io potrei anche scriverlo senza temere nulla, visto che non sono nessuno. Ma se una frase di questo tipo apparisse sul blog di Beppe Grillo… beh, non sarebbe la stessa cosa e di sicuro avrebbe strascichi notevoli a livello mediatico.
A mio parere non è comunque necessario che i blogger debbano darsi un codice obbligato, se non una sorta di codice deontologico più figurato che reale.
La necessità di responsabilità o diritti sorge nel momento in cui si vuole acquisire una certa reputazione, evitando di essere presi per dei cacciaballe o dei cialtroni.
Forse basta la comunità stessa a smascherare il cialtrone, sempre nella misura in cui è possibile farlo.
Naturalmente queste cose vanno viste alla luce di chi sui blog parla di qualcun’altro che non sia lui stesso. Chi tiene un semplice diario, al massimo può correre il rischio di raccontarsi della fandonie. Più un blog è autoreferenziale, meno necessita di regole pubbliche, fino a ridursi ad una semplice coerenza verso se stessi..
riccardo, la “reputazione” sui blog uno se la costruisce da sè’, giorno per giorno. Se scrive puttanate stai pur sicuro che la reputazione se la rovina prestissimo perché, al contrario che sui giornali, ci sono centinaia di altri bloggers che gli fanno pelo e contropelo in tempo reale:)
Reputazione e responsabilità (penale) sono due cose distinte, se io scrivo che Prodi è un ladro posso essere denunciato sia che lo dica al bar o che lo scriva sul blog.
I blogger possono essere testimoni di un fatto, scrivere opinioni, ma difficilmente possono mettersi in competizione con un giornalista professionista che ha mezzi, tempo, quattrini e autorevolezza per fare indagini, interviste, inchieste eccetera.
Quanto a Grillo non fa testo: lui fa soprattutto satira, cronaca di costume, e sfrutta una notorietà che aveva già prima, senza la quale ben difficilmente avrebbe ottenuto l’attenzione che ha ora.
Non so perché si continui a voler accomunare i blogger ai giornalisti, sono due cose diverse. Sarebbe come far correre in Formula 1 anche quelli che hanno la patente B. Tutti “guidano” un’auto, ma con risultati e mezzi ben differenti 🙂
La verità è che Alessandro ha parlato non tanto di diffamazione ma di abitudini di scrittura che affliggono le due categorie, allo stesso modo, che sono uno sconcio per entrambi e che mentre vengono celate con ipocrisia dai giornalisti, sono sfacciate e ridicole in alcuni blogger, proprio perché, come dice Aghost, sono dilettanti.
Tipo quelli che leccano fino a consumare le scarpe delle aziende che gli hanno pagato un viaggio. Anche nei pezzi di giornale che scrivono.
Una cosa che fa ridere amaro.
Il peggio vicne sempre: nei vecchi e nei nuovi media
Alessandro, il tuo discorso mi sembra da approvare in pieno. Su ScreenWeek.it il 95% delle volte cito le fonti per le notizie che segnalo. Per le immagini il discorso va fatto a parte. Anche e soprattutto perché un piccolo blog non ha risorse economiche per acquistare i diritti di sfruttamento delle stesse. Inoltre siamo sempre disponibili a cancellare post, eliminare immagini, aggiungere repliche e precisazioni, ecc.
Parlo della mia esperienza personale perché non mi va di parlare bene e razzolare male. Non vorrei che qualcuno tirasse fuori il solito luogo comune “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Ad ogni modo, questa è solo la mia opinione personale. Che potrebbe anche non corrispondere alla società per cui lavoro.
alessandro, zetavu (è un piacere leggerti nei commenti) avete tralasciato un passaggio. La stampa “tradizionale”, (tv, giornali etc…) fanno informazione piramidale: dall’alto (giornalisti) al basso (pubblico) senza possibilità di replica.
Quando quest’informazione è, diciamo così “sporca” o “condizionata”, è difficile da smascherare immediatamente.
In rete non è così: è tutto più immediato e, passatemi il termine, spietato. L’informazione è orizzontale, paritaria e, ommadonna mai avrei pensato di dirlo, “democratica”. Insomma, la rete si purga da sola, non ha bisogno di troppe leggi, regole o deontologie professionali per funzionare E’ cattiva talmente tanto da poter fare da sola.. 🙂 ed è in grado, dio la benedica, di purgare e molto pesantemente i bloggari furbacchiotti 🙂
per costruire una reputazione in rete, ce ne vuole. Per abbatterla ci vuole un minuto. E insomma, il pandemonio che è successo su Digg qualche giorno fa, qualcosa vorrà pur dire, no?
E’ che su questa “mano invisibile” che auto cura la rete comincio ad avere dubbi…mi sa di metafisica e diventa sempre più ottimistico quanto più il modo in rete si avvicina demograficamente ed economicamente al mondo reale
Alessandro,
mentre il busillis (come sai) continua a sembrarmi del tutto inesistente (per riassumere: le dinamiche di relazione in rete si aggiustano da sole e dove non si aggiustano – talvolta capita – sono comunque incomparabilmente meglio di quelle che prendiamo di esempio offline) noto che tu nel frattempo questo discorso lo hai trasformato in una vera ossessione. Magari potremmo domandarci perche’. Oppure ti pare davvero una tematica centrale?
Mi pare una tematica di cui vale la pena discutere. Non è elegante definire ossessione gli interessi altrui.
Chiedo scusa se intervengo due volte, ma questo argomento della rete che si autocorregge, si reggerebbe in piedi, intendo: sul piano logico, se ci fosse una rete in sé chiusa. O meglio, se le persone che scrivono in rete non avessero nessun rapporto con l’esterno, ma nemmeno di lettura.
Mi pare inutile insistere sul fatto che non è così.
Non solo, ma ormai i due insieme vanno mescolandosi sempre più e il tema si pone proprio perché una minima parte di blogger comincia a fare un mestiere che è “una parte in commedia” nei media.
Allora a me pare fondamentale il quesito di Alessandro che ci pone: ma non dovrebbe anche il blogger rispettare quelle regole, anche di ordine deontologico, che ci si aspetta dai giornalisti? E stiamo parlando di: verifica delle notizie, motivazione di giudizi ed attacchi, accettazione di inviti a spese di aziende e susseguente iperattivismo “orale” a favore delle stesse. Questo non per essere ugale, ma per differenziarsi da certi costumi di casa del giornalismo specializzato.
La rete non si corregge da sola, per il semplice fatto che vive nella società. La Rete, come ipostasi mistica e separata, non esiste.
Alessandro,
come ben sai alcuni dettami della mia recente religione (sono iscritto a Senzology) mi impedisco di dialogare con Zambardino. Quanto all’ossesione io non saprei come diversamente chiamarla. Il discorso resta sempre il solito ogni volte che risottoponi la ferale domanda sui doveri dei blogger: qualcuno dice “si deve” qualcuno dice “non si deve”, i punti di vista mi paiono chiari. E ognuno si tiene il suo. Perche’ riproporlo ancora? Solo questo dicevo…..pero’ se non e’ elegante smetto subito.
La rete non è una “ipostasi” separata dalla società. Il processo è inverso: la rete vive di vita propri alcuni processi e strumenti poi, grazie alla loro diffusione e al loro successo, modifica la società, i nostri atteggiamenti e si integra con l’insieme che viviamo day by day. E’ una processo irreversibile.
La rete modifica il concetto di diritto d’autore, la rete modifica il concetto di regole, di deontologia e di collaborazione. La rete modifica il concetto di commercio e trasforma il commercio stesso.
E questo si riflette, dopo, anche nella quotidianità di chi non usa l’ecommerce per fare la spesa.
Certe azioni e reazioni partono dalla rete per poi arrivare alla vita “fuori” dalla rete. E’ per questo che molto pragmaticamente dico: la rete si autoregola prima di quanto lo facciamo noi, off line.
Un blogger scoprirà presto o tardi e a suo vantaggio o svantaggio che gli conviene essere corretto, informarsi, controllare le sue fonti prima di scrivere.
Non perché un codice deontologico glielo impone, ma perché gli conviene, soprattutto per difendere la sua reputazione e credibilità. Brutalmente lo farà per non essere sputtanato a livello planetario in una frazione di secondo, anche sul suo blog (nei commenti). E tanto maggiore è la sua popolarità, quanto maggiore è il rischio di sputtanamento che corre ogni giorno perché avrà molti lettori attenti, tanti lettori/autori critici nei suoi confronti. Questa minaccia, questa forza d’urto, questo deterrente non è in grado di fornirlo nessun codice deontologico del mondo – solo la rete può offrirlo.
Gli articoli di Repubblica.it o di Corriere.it non sono aperti ai commenti degli utenti. Nessuno, alla fine di un articolo, può scrivere che il giornalista ha scritto una scemenza confortando la sua tesi con link, documenti e fatti.
Allora, chi deve cambiare che cosa? I blogger devono adottare un codice deontologico che proviene dalla preistoria o i giornali e i giornalisti devono trasformarsi, prima di tutto concettualmente, senza se e senza ma, in puri e semplici blogger?
continuo a considerare la faccenda come una questione di pura lana caprina 🙂
Ma dov’e’ il problema? Cosa vi rode? Che i blogger abbiano la totale libertà, anche di scrivere fior di scemenze? Embè?
E’ come se i giardinieri professionisti si mettessero a bacchettare i dilettanti che scrivono sui forum di giardinaggio: dovete darvi delle regole, adottare un codice deontologico, non potete potare a quel modo…
Ho insomma l’impressione che il problema, più che i blogger, riguardi soprattutto i giornalisti. Forse perché hanno la coda di paglia? :)))
Se la rete fosse davvero un’ipostasi mistica potrebbe parlare solo di se stessa.
Sarebbe autoriflessiva e ridondante.
La possibilità di correggersi a mio avviso la coglie proprio dal collegamento con la realtà.
La rete è uno strumento, non è ciò di cui si parla.
Va be,
buona permanenza a Disneyland
Ciao a tutti,
sul tema vi segnalo un interessante commento che ho trovato in Giurisprudenza di merito n.4/2007 dal titolo ” I presupposti della responsabilità penale del blogger per gli scritti offensivi pubblicati su un blog da lui gestito” (autore Ivan Salvadori).
L’articolo con estrema chiarezza critica la (assurda..) sentenza del Tribunale di Aosta che nel 2006 ha condannato il gestore di un blog.
Ciò non significa però che noi blogger non siamo soggetti alla legge penale..
Bye
Predator
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