Partendo da un post di Mason (il rivoluzionatore della intranet di Telecom Italia), è appena nata una discussione che va a parare sul tema: si può fare di un blog una realtà professionale? Il che non vuol dire necessariamente una fonte di entrate dignitose, ma anche semplicemente qualcosa utile al nostro lavoro. Io credo che solo una minoranza di blog assolve questo scopo. Il che è anche normale, blog può essere anche intrattenimento e in fin dei conti è una pentola che si presta a contenere vari cibi… ma il problema è se cresce oltre un certo livello il numero di blogger frustrati dall’impossibilità di coniugare blog con professione. Mason comincia a dubitare che sia possibile in Italia; altri commentatori parlano della tradizionale barriera italica nei confronti dei mestieri che escono dai classici schemi.
Per me, soprattutto al Sud, è storia quotidiana scotrarm con persone che non capiscono che cosa vuol dire “freelance” (“parli difficile”, mi ha detto un’impiegata di banca) oppure il cui cervellino fatica a concepirlo come lavoro ufficiale.
L’anno scorso ho incontrato la mia professoressa di liceo, mi ha chiesto che faccio, le ho raccontato dei miei articoli. Poi lei: “e il lavoro?”
E meno male che era la professoressa di filosofia…
Lavoro fuori dagli schemi
Articolo precedente:USA, l’impero delle bollicine
Articolo successivo:Si schiantano i lucchetti dell’amore
{ 2 commenti }
Non si può fare, punto.
Al momento non riesco ad argomentare degnamente… però sono sicuro che non ci possono essere molti Robin Good (non per qualità, per carità, il 4% della popolazione crea valore… però non credo che tutto il 4% possa campare solo scrivendo sui blog).
Il lavoro? Basta che dici Libero Professionista e penso ti possano capire. Se non ci arrivano con i termini attuali è perché non sono aggiornati.
I commenti per questo articolo sono stati chiusi.