Ne parlavo con l’amico Italo Vignoli, storico comunicatore italiano, durante un recente viaggio in Portogallo . Molte agenzie di comunicazione hanno questa odiosa abitudine della telefonata che fa da amplificatore a un comunicato stampa o anche a un semplice invito. Avete presente? Vi mandano l’e-mail per invitarvi a un fantastico cocktail party dove sarà presentato il mitico nuovo cellulare ultrasottile e dove tenteranno di avvelenarvi con il solito buffet milanese di plastica torcibudella. Passano cinque minuti e “hai ricevuto l’invito?”. Oppure: “hai letto il nostro comunicato, pensi di scriverne?”. Insomma, a che serve l’e-mail? Se la notizia è interessante, ti rispondo. Idem per l’invito. La telefonata che tira per la giacchetta- concordavamo io e Italo- è una cattiva abitudine, nata nei ranghi dei comunicatori che vengono dal marketing, dove sono abituati a tormentare i clienti con messaggi pubblicitari. Ma i giornalisti no, non trattateli così. Scrivete un comunicato bene, mettete la notizia in alto, senza perdervi in aggettivi che tanto non ci caschiamo…e basterà. Le notizie sono il nostro mestiere, certo che ci va di scriverne; non c’è bisogno di insistere: se c’è la notizia, approfondiremo comunque. Se non c’è, chiamare ci fa solo perdere tempo (a noi e a voi).
P.S.
A proposito del cibo milanese… Da esperienza diretta e indiretta sono giunto alla conclusione che certi spacciatori di cibo milanesi se fossero al Sud avrebbero chiuso in una settimana. E il cuoco sarebbe stato pestato 🙂
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concordo. Mai fatto uno. Quando iniziai a lavorare in una agenzia, diversi anni fa, passai il primo mese a far finta di fare recall, dato che il mio capo era seduto di fianco a me. Dall’altra parte il telefono era muto. Piccole scene teatrali, degne di un David di Donatello.
D’accordo anch’io. Se c’è la notizia verrà ripresa, punto e basta. Altrimenti no. Oppure la notizia c’era ma il comunicato scritto male. L’altro giorno una collega mi ha chiesto “Come vai il recall?”. Le ho detto che non lo faccio mai e che vivo contento. E anche i giornalisti.
A questo punto mi piacerebbe ospitare il parere di chi fa il recall. Che ci spieghi perché lo fa e se davvero ne ricava vantaggi, oltre a saltuari vaffanculo.
Ma ho la percezione che gli addetti stampa di quel tipo leggano poco i blog…
Ciao io lavoro per un’azienda e il mio capo mi dice che devo fare recall dopo una settimana dall’invio della mia mail dove introduco chi siamo.
per me non serve a niente tormentare il prospect.
Di vaffanculo ne ho presi pochi. Di recall ne ho fatti molti. Anche io avrei preferito di gran lunga usare con parsimonia il telefono ma siccome i capi pressano (anche a distanza) si è dovuto comunque intervenire spesso con il “richiamino”. Tutto sommato bisogna ammettere che una percentuale, seppure bassa, di giornalisti ti scrive qualcosa (anche due sole misere righe) se lo metti alle strette con ripetute e noiose telefonate.
Alex, ovviamente, se la notizia ci fosse. Se il prodotto avesse qualcosa di buono, interessante o solo innovativo il recall sarebbe quasi superfluo. Ma credo tu sappia benissimo che molte volte così non è. Proprio in quei casi il recall è l’estremo salvagente.
Caro Alex,
hai ragione ma ci sono due casi che non hai considerato:
1) Con tutte le email che riceve un giornalista, è più che probabile che talvolta qualcuna sfugga all’attenzione. Capita a tutti e succede spesso. E quando c’è una notizia che merita o un personaggio autorevole che si esprime sull’argomento del giorno, è un atto legittimo per un CAPO UFFICIO STAMPA (non il semplice addetto stampa rompiscatole) chiamare ed ‘informarsi’ dell’avvenuta ricezione.
2) Il secondo caso è quello interpersonale, di public relations per intenderci. Su quel piano devi ammettere che a molti giornalisti piace sentirsi coinvolti in un rapporto privilegiato (diciamo così) con la fonte… e questo succede molto più spesso quando la fonte è importante. In altre parole c’è un gioco delle parti, un interscambio che funziona se la telefonata è fatta come va fatta e con la giusta tempistica.
Infine, resta che la stessa telefonata che fa un press agent ha lo speculare opposto della telefonata che fa il giornalista all’ufficio stampa di riferimento: per essere incluso nella mailing list, per saperne di più, per chiedere informazioni aggiuntive.
Quindi la verità sta nel mezzo. Se la telefonata è fatta ‘ad arte’, cioè come va fatta, non è mai molesta.
Cari saluti
Dario
forse sarebbe meglio rinominare questa prassi “total recall” (dove ogni riferimento al film è VOLUTO)…
I mie due centesimi? Il recall può essere fastidioso o far piacere al giornalista di turno, ma in fondo serve sempre.
Se c’è la notizia, serve per farla risaltare tra le centinaia di mail che i giornalisti ricevono e che purtroppo non hanno tempo o voglia di leggere.
Se non c’è la notizia, serve per farla venir fuori. Magari chiacchierando si scoprono aspetti “inediti” della notizia, punti di vista e dettagli che dal semplice comunicato non sarebbero emersi. In fin dei conti pochi giornalisti leggono un comunicato di due paginette scarse e spesso scrivere un comunicato da 10 righe non riesce a spiegare bene l’argomento (o toccare tutti i punti utili: al tecnologo servono alcuni dettagli, al pubblicitario altri e così via).
Non ultimo l’aspetto di relazioni esterne: il recall fatto in un certo modo serve per creare un rapporto diretto col giornalista. E quello, è innegabile che serva 🙂
Dire che il recall non serve mai è come dire che il telemarketing – o la pubblicità in genere – è inutile “perchè se il prodotto è buono la gente lo compra”. Se la pubblicità e il marketing fossero inutili, sarebbero già spariti no? Il recall è (anche) un telemarketing della notizia.
ps: Stefano, tu non hai mai fatto recall ma l’agenzia che segue (seguiva?) Google lavora come tutte le agenzie: mail e recall.
pps: Alex, ma agli sms non rispondi? Eppure non era un recall 🙂
Massimo: l’agenzia lavora secondo ciò che decide il capo dell’agenzia. Io dò loro degli obiettivi, loro scelgono gli strumenti. Seconda cosa: era un lavoro spot una tantum, per cui avranno fatto i loro calcoli. Io, quando comunico direttamente come ufficio stampa, non faccio mai recall, come ben sa il tenutario di questo blog.
Confermo. Non ho mai detto che non ci sono eccezioni. Felici, felici.
Una cosa è certa: il recall lo detestano tutti. I giornalisti che lo ricevono, gli ufficio stampa (o meglio le agenzie) che lo fanno. Piace solo ai capi delle agenzie, che non lo fanno e non lo ricevono.
Io sono d’accordo con Hesse e ammetto di aver anche io fatto finta.
Io ho messo in piedi su http://mandaericevi.blogspot.com un sistema per inviare i comunicati stampa e permettere agli altri di inviarli. Preferisco fare un invio di massa e evitare il recall. Se la notizia è buona va da sola, se è mediocre ma ben spiegata va da sola. Se non va è una fetecchia e a questo punto conviene chiuamare qualcuno e dire: “Caro amico, ho una notizia che fa acqua, mi aiuti a trovare il modo, lo spazio, i tempi per ottenere uno spazio? Ho il cliente che mi pressa”. Se il giornalista ha ricevuto nel passato buona merce da voi, vi aiuterà o per lo meno sarà onesto, se invece siete tra quelli che invia solo mondezza, vi tratterà malissimo.
Quindi: no al recall, si alle poche e oneste telefonate.
è da due mesi che faccio solo recall per un agenzia di comunicazione ed eventi….risultato?mi ritrovo ad inseguire le persone e scoprire che neppure hanno visto la mail nonostante l evento sia stato accolto a braccia aperte dal Comune di Milano, Roma, Como e altre città europee….
Penso che non ci sia una formula comune a tutti e a questo punto non ho ancora capito come debbano funzionare queste cose….intanto il mio recall continuerà sino alla fine di febbraio….
buona giornata a tutti i colleghi….
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