Qualche sentore l’ho avuto quando ho comprato anche oggi l’anguria a 50 centesimi. La conferma me l’ha data la relazione annuale Antitrust pubblicata qualche giorno fa. C’è chi fa speculazione ed è cosa gravissima (cito dalla relazione):
“Abbiamo iniziato, l’anno scorso, un’indagine conoscitiva sul settore agroalimentare. I primi risultati mostrano come i prezzi al dettaglio degli ortaggi siano aumentati del 22% tra il 2000 e il 2005, quelli della frutta del 17,5% nello stesso periodo. Gli aumenti dei prezzi alla produzione sono stati più limitati, in particolare per gli ortaggi (del 13%). Questo diverso andamento non può che essere attribuito alle condotte degli operatori delle diverse fasi distributive, che hanno amplificato le variazioni di prezzo registratesi a livello produttivo. È rilevante che gli incrementi maggiori si siano verificati nel 2002, anno dell’introduzione dell’euro.Nel settore studiato l’aumento è stato minore di quello registrato in altri mercati, ma superiore a qualsiasi altro Paese europeo. Va denunciato all’opinione pubblica chi specula ai danni dei cittadini sulle congiunture che costituiscono momenti delicati e importanti della vita di un Paese in cambiamento”.
Un comunicato della Confederazione italiana agricoltori (Cia) ribadisce che per alcuni frutti, come anguria e melone, e prezzi aumentano di 20 volte (20!) dai campi alla tavola e di conseguenza c’è stato un calo dei consumi. Significa che agricoltori e famiglie si impoveriscono, mentre gli intermediari speculatori ingrassano.
La frutta e la verdura sono importanti per l’alimentazione. I rincari sono destinati ad avere un impatto sociale.
Attualmente- scrive Cia- quattro italiani su dieci non mangiano prodotti ortofrutticoli almeno una volta al giorno. Percentuale che si è praticamente raddoppiata rispetto a dieci anni fa: nel 1996 erano solo due su dieci che non avevano quotidianamente sulle loro tavole frutta e verdura.
Torneremo a distinguere le famiglie povere perché si legge negli occhi, nella pelle, nei denti dei loro figli la mancanza di vitamine? E tutto perché qualche furbastro ha voluto prendere il treno euro per avere un posto in prima fila nell’arricchimento facile.
Basterà l’appello antitrust a smuovere le acque?
Un berlusconi direbbe: le famiglie italiane sono ricche perché hanno tanti cellulari. In realtà, per quanto sembri paradossale, i cellulari sono diventati più importanti del cibo, quindi la gente preferisce rinunciare a questo piuttosto che a quelli. Perché senza cellulari si sentirebbero emarginati sociali. Soprattutto tra i giovanissimi: essere senza cellulare è la morte sociale.
Poiché è troppo difficile, se non impossibile, fare educazione tra i giovani e insegnare loro a non sentirsi esclusi e a non escludere chi non ha il cellulare, bisgonerebbe badare che non ne vada di mezzo il cibo, i libri, insomma cioò che è fondamentale perché questo Paese si degni ancora di chiamarsi civilizzato.
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Vivo in campagna, annaffio il mio piccolo orto e faccio a scambio con i miei vicini.
Ovviamente non basta e vado anch’io dal fruttivendolo e guardando quei prezzi mi verrebbe voglia di vendere parte del mio raccolto. Ma chi questo lo fa di mestiere mi ha sempre detto: “si vende a poco e si compra a molto”. Ci sono troppi intermediari e troppa inefficenza. I soldi servono ad arricchire pochi o finiscono al vento nel migliore delle ipotesi.
Un giorno su un programma su RAI3 facevano vedere come dei pomodorini raccolti in Sicilia venivano spediti a Napoli per essere impacchettati e redistribuiti, ovviamente gran parte tornavano proprio in Sicilia. Sembra assurdo eppure funziona così, e li si parlava della COOP che in teoria dovrebbe fare attenzione a queste cose…
Soluzioni ce ne sarebbero: i mercatini contadini, con i produttori–magari in cooperativa–che vendono direttamente la loro merce (pare che negli USA abbiano fatto una rivoluzione dei prezzi), oppure, in senso opposto, gruppi di acquisto, che si mettono insieme e pagano il costo del furgoncino che va in campagna a comprare direttamente dal contadino.
Poi c’è la combinazione con il turismo: vai in vacanza in Puglia e ritorni con il bagagliaio pieno di olio extravergine che ti basta tutto l’anno, vieni in Trentino e ti porti a casa speck e frutta, etc.
Insomma, non dobbiamo sempre pretendere che sia “lo Stato” a risolvere le cose (soprattutto in questi casi, dove il mercato è già libero).
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