Agcom, questa separazione s’ha da fare

di alex il 21 Luglio 2006

Ieri si è consumato un capitolo decisivo della telenovela “separazione societaria Telecom” (guai a parlare di “scorporo”: separazione). L’Agcom, nella relazione annuale, ha ribadito che sarebbe opportuno se Telecom si prendesse l’impegno (come fatto da BT in UK) di separare la rete dai servizi commerciali. La cosa mi fa sorridere, perché qualcuno di voi ricorderà certo l’intervista apparsa il 9 giugno sul sole24ore, dove il presidente di Agcom aveva ribadito le stesse cose. Ma il giorno dopo ha mandato la smentita. Ora le ha ripetuta di fronte a una platea, in una relazione, quindi è ufficiale. Significa soltanto che l’intervista del Sole era buona e la smentita era falsa, forse allora per tenere buona ancora per un po’ Telecom, che ancora di separazione non vuole sentire parlare. Anzi, insiste con una favoletta, che a me ricordano tanto quelle che racconta un certo cavaliere nano, basate sulla strategia di mentire anche di fronte all’evidenza, tanto nell’era delle comunicazioni non conta la verità ma chi la grida più grossa: cioè la favola che in Italia la separazione alla BT c’è già. In realtà quella di Telecom è adesso “contabile” con obbligo di non discriminazione, mentre in BT è “societaria” più profonda e prevede un vero e proprio board separato, con addirittura membri dell’Autorità di regolamentazione, a capo della divisione reti. E’ un po’ la differenza che c’è tra la teoria (separazione all’italiana) e i fatti (all’inglese). Ora questa favola viene sconfessata ancora di più e spero nell’onestà intellettuale di Telecom di non volerla più ripetere alle orecchie di giornalisti che non ne sanno molto e quindi potrebbero pure crederci.
Ma è possibile che bisogna arrivare alla separazione per fare obbedire Telecom a delibere di Agcom, che da mesi ormai le chiede di fare un’offerta all’ingrosso per l’accesso alla sua next generation network?

Di tutta questa storia c’è un’altra interpretazione possibile. Agcom ha chiesto un impegno a Telecom. Potrebbe essere un passo avanti verso la separazione, un ultimatum (se non ti prendi l’impegno, ti impongo la separazione) oppure (è quanto temono i consumatori) un modo per tirarla alla lunga e rinunciare poi all’itnervento dall’alto. Per dirla con Aduc, che eccede un pochino con la metafora: “Appelli a Telecom Italia tanti, ma è come se si chiedesse al dittatore di non essere più tale”.

Update
Telecom mi fa notare che la parola “societaria” insieme a separazione significa che si crea una società a parte. In realtà non intendevo questo (non si è creata un’altra società da BT, ma una sua divisione), quindi prendo atto della correzione.

{ 5 commenti }

aghost Luglio 21, 2006 alle 16:03

una authority che “invita” il monopolista a fare il bravo è abbastanza ridicolo. Come dire a Fidel Castro di essere un po’ meno dittatore 🙂

Se fossimo un paese serio la separazione societaria (e non certo la buffonata della divisione contabile) sarebbe già avvenuta ancora prima della (infame) privatizzazione. Invece in italia si fanno le privatizzazioni alla rovescia: si privatizzano cioè i monopoli e poi si “liberalizza” il niente che rimane 🙂

Ferd Luglio 21, 2006 alle 22:07

Cmq la differenza tra i due tipi di separazione, societaria o amministrativa, è sottile.
Quella societaria può non servire a nulla: vedere l’esempio del gruppo Ferrovie dello Stato, in cui confluiscono società diverse come RFI (rete), Trenitalia (veicoli), Grandi stazioni (stazioni non RFI delle città + importanti), eccetera. Che cambia? Poco. Che migliora? Nulla.

Pier Luigi Tolardo Luglio 23, 2006 alle 12:18

In effetti la separazione societaria può non servire a nulla: la causa intentata da Vodafone contro Telecom Italia risale ad operazioni di profilatura dei clienti effettuate prima ancora della fusione tra Telecom Italia e Ti, quando erano 2 società separate, con management diversi ma parte di un unico Gruppo. Teoricamente, oggi, Telecom Italia è già separata in divisioni che tra di loro sono autonome, con budget separati e dirigenti che rispondono all’Amministratore Delegato ma senza relazioni fra di loro e che operano con i cosidetti “contratti di servizio” interni. In pratica c’è Il Network di Telecom Italia, oggi integrato fisso-mobile, che risponde a Pileri ed è separato(a volte in maniera incomprensibilmente conflittuale) da Sales an Operations dirette da Luca Luciani che gestisce le vendite, il customer service e l’assistenza tecnica al cliente finale e la divisione Wholesale che si occupa della vendita ai concorrenti(diciamo all’ingrosso). In realtà queste strutture spesso sono in lotta per suddivdersi gli investimenti sempre più ridotti a causa del debito di Telecom Italia ma poi è possibile che, per il bene supremo del business, mettano in comune archivi e banche dati che, già oggi, in base alle decisioni dell’Authority dovrebbero rimanere separate e non comunicanti. Per il traffico internazionale, addirittura, c’è una società a parte Telecom Italia Sparkle.Molto gioca, spesso, l’ambizione dei singoli manager di linea che pur di prendere lucrosi premi e non essere silurati violano regole e peggio per vendere(vedi il fenomeno delle attivazioni abusive) e spesso si è lasciato correre. A mio parere più che un impossibile scorporo lo Stato dovrebbe incentivare la realizzazione di Reti alternative, favorendo le operazioni di integrazione dei concorrenti di Telecom Italia, come 3 e Wind che vogliono condividere siti ed impianti, Wind che si fonde con Tiscali e/o Fastweb per creare dei veri concorrenti a Telecom Italia e poi dei controlli da parte dell’Authority veri, continui, stringenti, capillari sulla divisione effettiva dentro Telecom Italia ma se poi Telecom Italia assume tutti ex funzionari dell’Authority e li mette in posti chiave all’interno dellazienda è poi difficile anche l’attività di controllo.

Marco Luglio 24, 2006 alle 12:24

Gia’ , cosi’ facendo pero’ si creano altri dinosauri. La verita’ e’ che la rete ‘dovrebbe’ essere di proprieta’ dello stato ( Autority? ) e contemporaneamente consentire lo sviluppo di altre reti a ‘ tutti ‘ , dando una mano ai piu’ piccoli e non ai soliti noti. Wind ha usufruito dell’enorme cash-flow di enel ma non ha fatto nulla , ha acquisito licenza da ultimo miglio senza sfruttarla violando gli obblighi di copertura previsti dal bando. Lo stesso gli altri operatori dominanti. Esiste una indagine da parte del AGCM che doveva concludersi il 30 Aprile 2006 , ma e’ stata slittata …. gli esempi sono tantissimi .

Saluti

Pier Luigi Tolardo Luglio 24, 2006 alle 17:33

Il piccolo sarà bello ma fuori da certe dimensioni non c’è concorrenza con Telecom e questa può dormire sonni tranquilli ed essere sempre più arrogante: bisogna favorire in tutti i modi aggregazioni anche una politica ad hoc fiscale se no ci sarà sempre Biancaneve e i 7 nani.

I commenti per questo articolo sono stati chiusi.

{ 15 trackback }

Articolo precedente:

Articolo successivo: