Il film non mi ha entsiasmato, però è intelligente, per niente banale. Dietro la facciata del film di azione c’è una riflessione sull’america post 11 settembre e sul relativismo della morale, laddove buoni e cattivi non sono quelli che appaiono. Simbolica in questo senso la scelta dei rapinatori di travestire gli ostaggi con tute tali da renderli irriconoscibili con loro stessi. Non possiamo riconoscere i buoni di cattivi, dicono i poliziotti che vorrebbero fare irruzione nella banca. Il che è proprio il guaio dell’america del terrorismo. Il cattivo è irriconoscibile. A un primo livello di interpretazione si può dire: è irriconoscibile perché è mascherato come i buoni, quindi il nemico può essere ovunque. E quindi ne deriva la paranoia da attacco imminente. Ma a un secondo livello di interpretazione si apprende che il cattivo è irriconoscibile perché non ci sono buoni e cattivi in senso assoluto…e i rapinatori si rivelano più morali di altri (del proprietario della banca, dei poliziotti hce picchiano un ostaggio credendolo un pericoloso arabo) e sullo stesso piano di molti dei poliziotti.
Mi ricorda un po’ l’ultimo film di Wenders, che però mi piace di più perché lo trovo più poetico di Inside Man.
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‘mazza che recensione. Mi hai incuriosito. Ma io, questo “Inside man” volevo già vederlo. 😀
Complimenti… Bella recensione… Rispecchia bene il film
Grazie, ma recensione è una parola grossa:) Sono le mie impressioni senza pretesa di sistematicità. Come quasi tutto quello che scrivo qui, del resto.
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