Il tavolo delle frequenze radiomobili torna bollente, dopo la parentesi del governo Monti. Sarà una delle partite più complesse, per il nuovo esecutivo, e dal suo esito dipende buona parte del destino dell’innovazione mobile italiana.
Continueremo a fare eccezione in Europa, con un far west delle frequenze? O finalmente abbracceremo uno scenario in cui queste preziose risorse, che sono bene comune, sono utilizzate in modo efficiente, senza sprechi né rendite di posizione? Il bivio è tutto qui. E sono due i fattori in gioco, adesso.
Da una parte, l’Europa. Preme perché tutti i Paesi membri armonizzino lo spettro (evitando le grosse differenze di assegnazione ora presenti e il generale disordine delle frequenze). La Commissione probabilmente pubblicherà a giugno un documento che spingerà in tal senso. L’obiettivo è accelerare il passaggio di frequenze 700 MHz dalle tivù a internet mobile, già dal 2015, come già avvenuto con gli 800 MHz ora utilizzati per l’Lte (4G). L’Europa ha poi un’attenzione particolare per l’Italia: ricordiamo pende ancora la procedura d’infrazione avviata per l’eccessiva chiusura del nostro mercato televisivo. La soluzione è un’asta futura che assegnerà frequenze a nuove emittenti.
La nuova Agcom (Autorità garante delle comunicazioni), di cui sono cambiati i vertici a luglio, ha ideato un regolamento d’asta che finalmente- dopo tanto tira e molla- dovrebbe placare le (giuste) preoccupazioni dell’Europa. Ma la partita non è ancora chiusa.
Anche perché c’è il secondo fattore da considerare. Un nuovo governo, dove il ruolo del Pdl è ben più importante rispetto a quello precedente. Non è un caso che il partito di Berlusconi abbia lottato per mettere le mani sulle deleghe per le comunicazioni: si prepara ad affrontare al meglio una nuova stagione di rivoluzioni per lo spettro. Da qui al 2015 succederà di tutto: è già stabilito che agli operatori mobili andranno i canali 57-60, cioè 30 MHz, delle frequenze 700 MHz; in più bisogna trovare spazio per la radio digitale, avviare un primo serio coordinamento internazionale sulle frequenze e partecipare ai tavoli che decidono, in Europa, l’evoluzione tecnologica dell’Lte.
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