Ho fatto un’inchiesta, sull’espresso, sulle aziende che inquinano i social media con commenti fasulli e prezzolati.
Proprio in questi giorni è emerso al pubblico il fenomeno- noto agli addetti ai lavori- dei fan e dei follower Facebook/Twitter comprati un tanto al chilo.
Che succede, i social media sono inaffidabili perché finiti nelle mire pubblicitarie delle aziende? In realtà il problema è più complesso di così. Le caratteristiche aperte dei nuovi media abilitano le distorsioni, vero. Ma in questa stessa apertura c’è la fonte della soluzione. Potenzialmente.
Sarebbe sbagliato anche giungere alla conclusione che i social network si “auto-riparino” espellendo i commenti fasulli (visione ottimistica della tecnologia). Credo invece che la soluzione passi da una consapevolezza e da una responsabilizzazione collettiva.
Cito qui quello che mi ha detto Giovanni Boccia Artieri, docente di Sociologia dei new media all’Università di Urbino.
«Stiamo passando dalla fase in cui prendevamo come disinteressati tutti i commenti e i giudizi degli utenti internet a quella in cui dovremo invece imparare a filtrarli e analizzarli»,
«Prima di credere e, soprattutto, rilanciare un messaggio letto sul web dovremo fare ricerche incrociate, sull’autore e sui contenuti. E dovremo curare le nostre reti sociali: includervi solo coloro che riteniamo affidabili e così ridurre il rischio di leggere notizie infondate»,
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